Arriviamo a scuola che
è sempre buio, non ho mai visto il portone o l'atrio alla luce del giorno ed è strano,
un po' come rimanere chiusi in un museo dopo l'orario o dentro al supermercato di
notte. Mi sento come Bastian ne La Storia Infinita, quando si chiude nella
soffitta della scuola per leggere il libro magico ed è circondato da animali
imbalsamati, tappetini da palestra, uno scheletro di plastica, poi arriva il
temporale e spacca tutti i vetri. Vagando alla
vana ricerca di una cartina geografica, capito per caso in una stanza semichiusa e mi trovo in un posto proprio così,
cade a pezzi ed è ripieno di cianfrusaglie, tra cui una lavagna di ardesia con
scritte irripetibili che mi ricordano che no, dopotutto non sono in un film.
Gli studenti arrivano alla
spicciolata come fuochi fatui, si trovano a gruppetti attorno al distributore delle bibite calde, folletti notturni che allungano la loro giornata nel caffè per
avere i tempi supplementari per la scuola. C'è rumore, c'è vita, un colorato vociare da
taverna, racconti di ogni tipo. É un mondo alla rovescia, sono come tante lucciole che si portano sulla
schiena la lanterna in cui brilla la loro storia. Il bello è che, di notte, è più facile raccontare. É un tempo lunare, arcaico, di nonni e mamme che raccontano la favola della buonanotte, di
famiglie riunite attorno al tavolo a chiacchierare, di storie di paura dette
apposta tardi, così si dorme tra i brividi.
Devo solo abituarmi ad
accendermi quando fa notte, come le lucciole. Poi ci si riconosce nel buio e
basta solo avvicinarsi.
Dalla raccolta immaginaria di racconti Luoghi