Mi sveglio per la luce
che filtra sotto la porta, è tenue ma il suo debole calore mi batte attraverso
le palpebre e fa scivolare via i resti del sogno. Mi sa che c'era mia madre,
nel sogno, vestita come una sciamana pellerossa e io la abbracciavo, non amo
gli abbracci da sveglia ma nel sogno volevo proprio farlo e lei mi diceva
qualcosa all'orecchio. Forse è stata quella frase a svegliarmi e non la luce, lei
mi diceva: - Vai bene così -, io sentivo l'odore di cuoio rosso della sua
tunica e mi sono ritrovata con gli occhi aperti per la meraviglia, pieni della luce del
mattino. Ieri notte invece ho sognato mio padre che si sposava e non
c'era un posto per me nei banchi della chiesa, erano tutti seduti tranne me. Allora
chiedevo al prete dov'era il mio posto, ero la figlia dello sposo insomma, e
lui rispondeva che non c'era. Non è stato un buon risveglio, però è bello
sognare la mamma e il papà quando non vivi più con loro, è come una polaroid di
te bambino nella tasca mentre guidi nel traffico o fai la coda alle poste.
Rimango per un po'
sotto le coperte, anche se è primavera fa freddo, il vento ha soffiato di nuovo
l'inverno in città e mi concedo di indugiare nel tepore. Tanto so già cosa mi
aspetta, scorrere il cellulare e stretching e caffè e lavoro, perdendomi in
internet ogni mezz'ora. La casa vuota e muta, fatto salvo quel rumore di fondo
che impedisce alla vita di stare davvero in silenzio, come una sorta di
vibrazione bassa e continua, un bombo che romba sotto la superficie delle cose.
Questo inverno non se
ne va, mi tiene legata dentro una coperta, mi sembra di guardare il mondo
attraverso la finestra rigata di pioggia senza riuscire a spaccarla, quella
finestra, e saltare fuori, come il bombo a primavera.
Dalla raccolta immaginaria Altri racconti.
Dalla raccolta immaginaria Altri racconti.