E non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa
Afterhours
Il sedile posteriore è grigio e consunto, ruvido al contatto, liso
dall’uso. Il mio ginocchio che sfrega ritmicamente contro di lui sta iniziando
ad arrossarsi, finirà che dovrò girare con un cerotto, come quando pur di
mettere le scarpe che mi piacciono mi martorio la caviglia e devo coprirla con
una benda per nascondere la ferita. Ché poi se rimane il livido, è un casino.
Il finestrino posteriore si sta appannando, la condensa parte dagli angoli
e si diffonde sempre di più verso il centro, un po’ come quando stai per piangere,
parte tutto dagli angoli degli occhi e poi esplode al centro della faccia,
proprio sul muso.
L’umido filtra attraverso i finestrini, la nebbia della notte si fa spazio
dentro la macchina e viene risucchiata in gola dai respiri profondi e poi
rivomitata in gemiti. Odore di erba fradicia, di brina, di cani sciolti.
Mi tengo al sedile con tutte e due le mani e guardo il finestrino, ormai
quasi completamente appannato. Qualcuno ci aveva disegnato un cuore, quand’era
pulito, per fare il giochino del cuore fantasma che appare con la condensa,
come un biscotto che affiora in un mare di latte. Qualcosa mi colpisce dentro
al petto, fa ‘toc!’, forte e chiaro, lo sento. E sento la condensa che si
diffonde dagli angoli degli occhi come un mare di latte senza cuore.
Serro gli occhi, mi concentro sui colpi caldi dentro al mio corpo. Respiri
sempre più forti, l’aria della notte fino in fondo alla gola, la macchina
oscilla leggermente. Io tengo chiusi gli occhi, così il cuore non può apparire.
Ricaccio tutto in fondo alla gola. Mani addosso, unghie nella pelle, sempre
più forte, il ginocchio è in fiamme, sudore aspro, gemiti. Il cuore, la
condensa, dicevamo che se il cuore fosse riapparso non sarebbe scomparso mai
più, mai più, mai più.
Ancora più forte, ora. Se tengo gli occhi chiusi la condensa non arriva al
centro, il pianto muore negli angoli.
La macchina fa un’impennata estrema, scossoni, ancora di più, un grido! ...
Respiri fondi, carezze brusche. Riapro gli occhi piano. Il finestrino è
tutto bianco.
Ti lascio le mie scarpe bendate per ringraziarti.
Torno a casa sotto le stelle.
Dalla raccolta immaginaria Altri racconti