E se l’amore che avevo non sa più il mio nome
E se l’amore che avevo non sa più il mio nome…
F. Mannoia
Il bus navetta viaggia nella notte verso l’aereoporto. A bordo, tre donne.
Io, la mujer dalle lunghe dita ruvide
e di fronte a lei la tedesca sessantenne dalla faccia di luna che mi sorride,
sorride. Tre generazioni. Tre lingue, tre corpi, tre donne sole.
Margarita -la mujer dalle lunghe
dita- è seccata con il cellulare o con chi sta all’altro capo del filo, in
Italia. «Esto no me gusta» dice, e la
tedesca che parla spagnolo annuisce, senza mai smettere di sorridere. A
Margarita non piacciono gli uomini che si fanno ospitare e scarrozzare per
tutta Malaga e poi partono e non rispondono più al cellulare, a Bonn o a Roma o
dove sia. Ha il viso bello e fiero e le dita ruvide e forti e qualcosa in fondo
agli occhi che ti pare di caderci dentro. La signora tedesca, che sembra una
nonna felice e profumata di biscotti, sorride tanto che sembra un gatto dagli
occhi a fessura. Quando scendiamo dal bus navetta dentro la notte fredda piena
di aerei mi strizza l’occhio. È bene in carne e caracolla dietro al suo
valigione a buon mercato, rossa come una mela, corti capelli bianchi, collane
di perline addosso. Margarita prende un carrello a testa per le valige.
Io continuo a pensare a quali storie le -ci- hanno portate qui. Margarita è
inarrestabile e autorevole, sa esattamente dove andare, io come al solito
nemmeno ricordo l’ora del decollo e non so dove sono i gate e dove sono io.
Margarita mi aspetta mentre cerco nei tabelloni il mio volo. Mi guarda e mi
sorride. «Io» dice «sono nata per aiutare gli altri.» La guardo negli occhi e
lo so, che è vero.
«Sai» mi dice, mentre la mia nonna tedesca spagnola si lascia cadere sulle
panchine dell’aeroporto e tira fuori frutta, pane, e un pezzo di torta
dolcissima tipica andalusa «Io sono morta due volte». Sorride di un sorriso
serio mentre lo dice, spingendo con decisione il carrello carico delle nostre
valige. «Due volte ho avuto un incidente e sono andata in coma. E due volte mi
sono risvegliata. Per questo so di essere qui per qualcosa. Aiutare gli altri»
mi dice, con il suo sorriso serio. E io lo so, che è vero. Con quel sorriso
serio, le cose sono vere per forza. Sembra quasi risplendere quando la guardo di
nuovo, o forse è il mio sguardo che splende, grazie al suo sorriso serio.
Ci sediamo tutte assieme, ognuna mette qualcosa in comune: la nonna Gerta già
l’ho detto, Margarita pane e jamon
serrano, io ho solo degli stupidi mandarini e metà baguette, perché ero
troppo stanca e incasinata per pensare e comprare oculatamente, ecco. Così ora condivido la
mia stupida frutta e pane, ma loro sembrano contente. Nonna Gerta sorride più
che mai, buca il soffitto grigio metallo dell’aereoporto.
Perché i soffitti degli aereoporti sono così alti? Lasciano troppo spazio ai pensieri, come se già non fosse abbastanza prendere un aereo e volare.
Perché i soffitti degli aereoporti sono così alti? Lasciano troppo spazio ai pensieri, come se già non fosse abbastanza prendere un aereo e volare.
Finalmente le domando che ci fa qui, col valigione, lei e i suoi capelli
bianchi sul viso rosso. Gerta sorride a più non posso. «Sono venuta a suonare»
mi dice «ora che ho la mia pensione da infermiera in Germania, sono venuta in
Spagna per suonare.» La sua faccia sembra una mela lucida, la nonna degli
gnomi. «Ma ora torno un po’ in Germania per stare col mio nipotino» dice, e
strizza l’occhio «Ho tirato su mia figlia da sola. Sai, io sono stata una hippy» dice, e sorride, Margarita
sorride, e sorrido anche io, senza rendermene conto.
Il cibo è finito e io devo andare al mio gate. Margarita mi abbraccia con
la sua stretta forte e calorosa. «Hai un’amica in Spagna» mi dice «se hai
bisogno di qualcosa, mi chiami e io arrivo.» E io lo so, che è vero.
Gerta mi dà due grossi baci sulle guance, da nonna contenta. «Sono stata
felice di conoscerti» mi dice, e io lo so che è vero.
Ma perché le donne straordinarie sono sempre sole?
Margarita mi accompagna per un pezzo, fino al gate. Poi mi guarda e mi
strizza l’occhio, come farebbe Gerta.
«Compartir es siempre mejor»,
dice.
E io lo so, che è vero.
rotonda del Triunfo Granada, ottobre 2012 |
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