sabato 19 aprile 2014

20.04.05

C’è una ragazza che cammina su una balaustra.
Cammina, in punta di piedi
Le braccia tese fuori
Lo sguardo estatico di un folle
O di un bimbo che brucia una carta.
Si muove a scatti, godendo
del terrore.
La chiamano, la esortano
A tornare
A non fare sciocchezze.
Che vuoi dimostrare?
Io non so se è scesa
O se alla fine è caduta
E le sirene ululanti l’hanno scortata
fin nelle pagine dei giornali.
Mi resta però il guizzo
Dei suoi capelli nell’aria.
E vorrei non essere creatura di terra.

sabato 5 aprile 2014

Non ci sono gatti a Genova

Arrivo in serata con l’adorato car sharing, moderno stivale delle sette leghe. Smonto in piazza Dante, nella parte del centro ampia e alta, con palazzi e fontane che ricordano la Torino sabauda, svettante e fiera come una regina. Ma non c’è regina senza puttana, e Genova come Torino me lo conferma, con un sospiro di sollievo.
Se da piazza De Ferrari (detta Defe) si scende, lasciandosi alle spalle la grande fontana, i tanti motorini e nessuna bicicletta, si entra nella città vecchia, dentro i caruggi. Le città di mare sono tutte sorelle e Genova ha l’andatura molleggiata di Lisbona, tutta un saliscendi, e braccia e gambe come Venezia, vicoli alti e stretti che qui si chiamano appunto caruggi e se ti perdi, tuo danno.
Scendere nei caruggi la sera, per quanto pittoresco e carico di gente e vino al bancone della Lepre o delle Vigne, non rende come di giorno. Come si diceva, Genova è una regina che tratta alla pari i mercanti e cambia palazzo a seconda di come le gira, ma è anche una puttana che osserva un orario di servizio diurno, in via della Maddalena.
Passeggiando in quella zona intorno all’ora di pranzo, tra banchetti e negozi da ogni angolo del mondo, come in ogni porto che si rispetti, mi imbatto in un piccolo gruppo di prostitute, in piedi ai lati del vicolo. Sono tutte latine, la divisione etnica degli immigrati vale anche qui. E mi viene in mente Parigi, con il suo quartiere tutto africano giusto ai piedi della scintillante Montmartre.
Passando sento un nordafricano che dice qualcosa a una di loro, e lei risponde: -Non lavoro con te-. Proprio come in Full Metal Jacket. Ma senza aspettare di vedere serpenti neri dell’Alabama, passo oltre, perché alla fine l’occhio non può fermarsi troppo a lungo né sulla corona della regina, né sul volto della puttana. Fanno troppa luce.
In venti minuti di autobus si arriva al mare. La riviera ligure è bella da star male, non c’è da stupirsi se qui sono state scritte così tante poesie e canzoni. Eugenio e Fabrizio, tra i più grandi sempre e per sempre, però un aiutino il vostro luogo natìo ve l’ha dato. Cerco nella sabbia sassosa ossi di seppia, non ne trovo. In compenso noto che, pur essendo una città di mare, non c’è nemmeno un gatto in giro. Però su una porta legnosa ai piedi di una creuza, la tipica strada acciottolata in pendenza, campeggia un cartello: “Smarrito Lucio, gatto tigrato”, con foto e telefono del padrone.
Alla fine mi ritrovo di nuovo nei caruggi, in un piccolo bar gestito da una coppia di vecchini scalda cuore. Lui sorride e trasporta incessantemente la merce dentro e fuori dal bar, lei prepara l’asinello, un liquore dolcissimo tipico di qui, che sembrerebbe uno sciccoso martini se non fosse che viene servito da questa vecchia signora dalle mani forti direttamente da un bottiglione millenario. Meno male.
Da fuori arrivano le voci della gente che chiacchiera, asinello in mano. I gatti se li mangiano gli africani, dice uno. Ah, ecco perché non ce ne sono, dice un altro. Ma va’, esclama un terzo. Eh sì, belìn!!, insiste il primo. Ciao Lucio, penso io.
Genova ha due anime, la regina e la puttana, il palazzo e la strada, o la ami o la odi, dicono i genovesi.
E chissà dove vanno i gatti.


creuza, Genova, aprile 2014
caruggi, Genova, aprile 2014