domenica 6 novembre 2016

La muta

Il rumore delle suole quando pestano un sentiero di montagna è diverso, più ruvido, sa di muschio, di pelo ispido. Con gli scarponi do schiaffi all'erba, calcio getti di rugiada che disegnano piccoli archi sul prato. Vorrei aver preso un bastone nel bosco, ce n'era uno bellissimo che sembrava fatto apposta per incastrarlo tra sasso e sasso, come faceva mia mamma nelle foto da giovane. Anche gli scarponi sono simili ai suoi, solo più tecnici perché sono passati trent'anni e allora era più difficile per le donne trovare buoni scarponi per battere il sentiero scelto, adesso rimane difficile solo scegliere il sentiero.
Abbiamo guardato le foto di famiglia, oggi, quelle nel raccoglitore più vecchio di tutti, con la copertina lucida anni '90. Mia mamma sorrideva incinta, con una salopette di jeans e il maglione rosso a collo alto che quando ero piccola pensavo le trasformasse la faccia perché quando emergeva aveva più lentiggini di prima e le restavano tutti i capelli elettrici. Per tutta la prima elementare non ho voluto indossare maglioni a collo alto per paura che mi facessero venire le lentiggini.
In un'altra foto ci siamo noi quattro in montagna, mio fratello nel marsupio dorsale con mio padre che lo porta e intanto sale come un capriolo con la barba, mia mamma dietro con le belle gambe lunghe e io per mano, una bandana tirolese con dentro una bambina, una frangetta che cammina.
La montagna della foto è questa qui dove mi trovo ora o almeno mi sembra, rocce prati e boschi sembrano sempre gli stessi e forse per questo li amo tanto, sono vecchi e veri come la terra, come la pancia e le mani. Ci cammino e mi sento me.
Poi entro nel bosco, di nuovo. Le ombre degli alberi mi disegnano addosso strisce tigrate, sento l'olfatto che si affina, come un animale. Tutti i rumori degli animali e delle piante creano una specie di silenzio, come quando prima di uno spettacolo il brusio riempie l'attesa. Quando ero bambina avevo paura di tutto ma del bosco no, forse perché non ero mai sola quando ci andavo, e anche quando stavo da sola non ero mai sola.
A un certo punto pesto qualcosa che scricchiola, una consistenza strana, sconosciuta. Alzo lo scarpone e quel qualcosa luccica, come un pesce sparato fuori dall'acqua. Se avessi il bastone potrei infilzarla per alzarla e vederla meglio, invece mi chino a osservare: è una pelle di serpente, seccata.

E allora penso, forse che siamo tutti carni nuove uscite da pelli vecchie e aspettiamo solo di pestare un guscio per renderci conto che è il nostro, che camminiamo sopra le nostre orme, da sempre? Che mentre aspettiamo di crescere, stiamo già facendo la muta?