domenica 27 luglio 2014

La fine

Siamo andati al cinema, la mamma Federico il papà e io, ci sono solo quattro sale e niente scale mobili e operatori col cappellino e maxischermi e vasche di popcorn. Le poltrone sanno di rosso caldo e i nostri ci comprano le M&M'S, vietatisssime a casa!, che goduria. Le mie preferite sono quelle marroni perché mi sembra che ci sia più cioccolato.
Federico sbuffa, nel film ci sono "due che si amano" come si dice tra di noi a scuola e lui non ha voglia di vedere smancerie. Il film non parla mica di questo, d'amore, ma nella trama c'è comunque spazio per la storia d'amore, due che si vedono e si piacciono e si avvicinano e si allontanano e alla fine si baciano. Poco prima della fine, di solito, assieme al ritrovamento del tesoro o riunione della famiglia o sconfitta del cattivo, ci sono i due che si vedeva che si piacevano fin dai primi 5 minuti di film, che si baciano o si prendono per mano o si sposano o uno dei due muore (ma questi film con la morte alla fine i nostri non ci portano tanto a vederli).
Nel film di oggi i due protagonisti semplicemente si baciano, ma un bacio lunghissimo con sotto la musica di violini viole e violette e Federico fa: - Bleaaarg -, lo sentono due signore vicino a noi e borbottano e la mamma fa: - Sssss - ma solo un pochino, perché le scappa da ridere.
Fuori dal cinema c'è ancora un po' di neve per terra, tutta pesticciata dai passanti, e io e Federico ci mettiamo subito a fare le nuvole di vapore col fiato e lui prova a farne una coi rutti e mio papà gli dà uno scappellotto leggero e poi dice: - Andiamo a casa -. Per fortuna nel film c'erano anche gli americani e i nazisti che combattevano, sennò povero Federico.
A casa ci sono le frittelle avanzate dal giorno prima, è Carnevale e ogni scherzo vale! Federico si acquatta sotto al tavolo e appena il papà si siede gli agguanta una gamba ruggendo: - Sono l'alligatore nelle fogne! -. Il papà sospira, mi sa che preferiva uscire coi suoi amici visto che è domenica e domani prende il treno delle sette, poi però tira fuori Federico da sotto il tavolo e gli ficca in bocca una frittella, così sta zitto, e io rido.
Il mio papà ha un tatuaggio sul braccio un po' scolorito, perché prima di fare il geometra era un pirata e la mamma era già maestra e insegnava ai bambini delle tribù che incontravano quando sbarcavano sulle isole. Poi però si sono sposati e sono venuti a stare qui con noi.
Le mie frittelle preferite sono alla crema e mi inzucchero tutto il naso mangiandole. 
La mamma deve ancora correggere le verifiche per lunedì e continua a ripetere di non spargere lo zucchero sui fogli, allora il papà le dice perché cappero (cappero?) non le tiene sulla sua scrivania in camera e la mamma dice: - Dai, Franco! -, e morta lì.
Io penso che non lo so perché tutti i film finiscono quando i due che si amano si baciano o si sposano o muoiono, e non fanno vedere cosa c'è dopo. Penso che quella non è la vera fine. Anzi, non è la fine per niente.
Federico si ribella, sputa metà frittella sui fogli della mamma che urla, il papà dice: - Ecco, vedi? -, io rido, tutti a letto.
- Franco, non devi riprendermi davanti ai bambini! - fa la mamma con voce bassa e nervosa fuori dalla mia stanza, prima del bacio della buonanotte.
- Sì, ma anche tu diobono, metti a posto 'sti fogli no? - risponde il papà a voce ancora più bassa, la mamma scatta e fa: - Mmmmmm - come il rombo di un aereo e entra nella mia stanza sospirando.
Mi dà un bacio veloce che sa di poltrone rosse e zucchero e fogli, e del dopobarba di papà.
Io lo annuso forte sotto le coperte e chiudo gli occhi.

Dalla raccolta immaginaria Altri racconti

sabato 12 luglio 2014

Pullman da Berlino

I finestrini sono grandi abbastanza da restituire uno specchio grigio, duro, freddo. Tutto funziona, tutto è diritto e solido e funzionale. La pioggia si rovescia sul vetro ma non ha nulla di scrosciante e libero come è tipico dell’acqua. È acqua ordinata, questa.
I’m sticking with you, canta Nico. Mi risuona nelle orecchie dagli auricolari, certo era più suggestivo ascoltarla al Tacheles, circondata da sculture di ferro, ma tant’è. E poi parliamone, della musica che ti accompagna durante i viaggi: la porta dello specchio magico. Rivelazioni e brividi grazie a lei.
Il signore seduto di fianco a me russa un po’, con la bocca semiaperta. Ha un basco verdastro che gli cala sul faccione e, detto tra noi, non è un grande spettacolo. Mi ricorda un po’ un mio ex, cosa che mi fa sorridere. La pioggia batte.
Penso a te che mi dici -I don’t care- quando ti chiedo se vuoi che io resti a Berlino oppure no. Di tutte le cose che si possono dire, hai scelto questa. Forse non è così importante il posto in cui si è, o forse invece sì.
Penso al Tacheles con le pareti affrescate di colori neri e punk o sgargianti da copertina di disco anni ’80, le scale a chiocciola da condominio tossico, gli artisti confusi con la gente, la fotografia della suora con il piercing ai capezzoli.
I don’t care è peggio di un no, però è la verità. Che, detta in un sacrario di arte spontanea come un fiore che buca la neve tedesca, va rispettata più che mai. E poi così posso godermi i Velvet in corsa con la pioggia, un dolore delizioso. Quasi quasi ti ringrazio. Oppure no.

I’ll do anything for you
Anything you want me to
I’ll do anything for you
I’m sticking with you

Velvet Underground

Dalla raccolta immaginaria di racconti Luoghi

Tacheles, Berlino, febbraio 2010