sabato 12 luglio 2014

Pullman da Berlino

I finestrini sono grandi abbastanza da restituire uno specchio grigio, duro, freddo. Tutto funziona, tutto è diritto e solido e funzionale. La pioggia si rovescia sul vetro ma non ha nulla di scrosciante e libero come è tipico dell’acqua. È acqua ordinata, questa.
I’m sticking with you, canta Nico. Mi risuona nelle orecchie dagli auricolari, certo era più suggestivo ascoltarla al Tacheles, circondata da sculture di ferro, ma tant’è. E poi parliamone, della musica che ti accompagna durante i viaggi: la porta dello specchio magico. Rivelazioni e brividi grazie a lei.
Il signore seduto di fianco a me russa un po’, con la bocca semiaperta. Ha un basco verdastro che gli cala sul faccione e, detto tra noi, non è un grande spettacolo. Mi ricorda un po’ un mio ex, cosa che mi fa sorridere. La pioggia batte.
Penso a te che mi dici -I don’t care- quando ti chiedo se vuoi che io resti a Berlino oppure no. Di tutte le cose che si possono dire, hai scelto questa. Forse non è così importante il posto in cui si è, o forse invece sì.
Penso al Tacheles con le pareti affrescate di colori neri e punk o sgargianti da copertina di disco anni ’80, le scale a chiocciola da condominio tossico, gli artisti confusi con la gente, la fotografia della suora con il piercing ai capezzoli.
I don’t care è peggio di un no, però è la verità. Che, detta in un sacrario di arte spontanea come un fiore che buca la neve tedesca, va rispettata più che mai. E poi così posso godermi i Velvet in corsa con la pioggia, un dolore delizioso. Quasi quasi ti ringrazio. Oppure no.

I’ll do anything for you
Anything you want me to
I’ll do anything for you
I’m sticking with you

Velvet Underground

Dalla raccolta immaginaria di racconti Luoghi

Tacheles, Berlino, febbraio 2010



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