domenica 15 novembre 2015

Una preghiera


Don't let me face my life alone.

Freddie Mercury


Sono giorni di terrore. Il primo mediato dagli schermi dell'informazione, ma la virtualità stavolta non fa da filtro, il cuore mi pesa tanto che mi sento chiusa in un sacco di plastica nera, come se fossi morta anch'io e mi stessero trasportando in obitorio per il - dio mio! - riconoscimento da parte dei parenti.
Il secondo non ha media, è fatto di facce, quelle che vedo la domenica al lavoro e mi raccontano il loro viaggio verso l'Europa, parole nere in volti scuri, come se questi visi fossero in qualsiasi modo diversi da quelli bianchi sparati a sangue. Solo adesso sento così forte come il male sia uguale per tutti. E vai tu a capire se un uomo trema perché lo sbalzo termico dall'Africa è forte o per la disumanità di raccontare dei bambini libici di 10 anni armati fino ai denti - but big boys don't cry. E abbi tu il coraggio di toccare una spalla voltata per orgoglio, che nasconde il dolore di chi ha perso la sua donna, sparata. E diglielo tu, che d'ora in poi non potrà che andare meglio, 
« Inchallah » risponde lui. « Inchallah », ripeto io.
Il dolore, il male, lo strazio, sono uguali per tutti. Il cuore, sempre rosso è.

A me, la scrittura sbuccia il cuore come una mela e solo qui riesco a dire quanto voglio credere che l'amore, quello che tiene insieme, ci salvi dal male.

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