sabato 30 luglio 2016

Carta

Il salottino della nonna sa di carta e lana e amido di riso. Lei siede sempre su una sedia di legno che scricchiola, mi sembra che questi scricchiolii rendano le sue rughe frastagliate come il delta dei fiumi sul sussidiario o le tazzine della cucina, quasi tutte crepate, però ogni volta che ci bevo l'acqua sa di cielo. Gli scricchiolii della sedia vanno all'unisono con il suo respiro, la nonna usa solo il naso perché la bocca è spesso piena di spilli per il rammendo oppure è contratta come una mela cotogna. Il tavolino è invaso da libri e quaderni, non c'è nemmeno un quadratino libero. Io sto disegnando una sirena ma devo stare attenta a non farmi beccare perché se la nonna vede che non sto studiando mi strappa il foglio col disegno.
L'odore di carta mi accompagna come un vecchio amico, anche la mamma è sempre piena di fogli con i temi, li semina per tutta la casa come tracce, indizi per una caccia al tesoro. Ci sono un sacco di segni rossi sopra, onde e punti esclamativi e interrogativi come in un codice segreto, vorrei avere una legenda per poterlo decifrare. Allora per avvicinarmi al segreto li copio, riempio i miei diari di sei e mezzi e frasi come: spiegati meglio, da approfondire, bella osservazione, poi li confronto con i temi della mamma e mi sembra che siano quasi uguali.
La nonna si sta quasi appisolando, vedo che la sua testa inizia a ciondolare come quella della zia March nel mio libro preferito, Piccole donne. Allora, come Jo, aspetto che il respiro diventi regolare e in silenzio posso iniziare la mia caccia. Apro senza far rumore i cassetti della credenza per frugarci dentro, sono quasi tutti vecchi quaderni, cartoline e foto ingiallite. Una è datata 1957 e dice: un caro saluto alla mia maestra, Antonio. La giro e nella foto appare un signore distinto in giacca e cravatta con a fianco la moglie e due bambine piccole tutte in ghingheri. La annuso e sento odore di lapis, la nonna lo usa sempre anche per correggere i miei compiti, matita rossa per gli errori piccoli e blu per quelli gravi, una volta ho provato a mettermela sulle palpebre come le donne grandi e la nonna l'ha buttata rabbiosamente in un cassetto, poi sono andata a cercarla e non c'era più. 
Mentre frugo fra tutte queste carte mi distraggo e con un foglio mi faccio un taglietto sul dito, piccolino ma fa male e mi scappa un: ahia! La nonna si riscuote dal sonno e mi becca in flagrante con il naso tra le sue carte. Senza dire una parola si alza piano e sempre respirando come un mantice va alla credenza e prende la bottiglia della grappa. Ne versa un goccino sul foglio incriminato e poi me lo passa sopra al taglietto. Brucia, ma il sangue pian piano diventa dello stesso colore della carta, finché non si capisce più cosa è sangue e cosa è carta. La nonna tiene il foglio sulla mia mano per cinque respiri scricchiolanti e non dice niente, io penso: chissà se anche la mamma ha il sangue così.

Dalla raccolta immaginaria Altri racconti.

Nessun commento:

Posta un commento