sabato 11 gennaio 2014

Terra - Lisbon love story

La storia comincia nell’aereo, ma in verità era già nella mia pancia da quando ho compiuto dieci anni e due occhi marroni romani hanno fatto volare il mio stomaco nel cielo per la prima volta.
Tu sei seduto di fianco a me, tieni la mia mano nella tua mano, ruvida e calda la tua, piccola e umida la mia.
Mani di bimba, seni di donna, occhi a metà.
Io ho paura di volare e nonostante questo ogni anno prendo almeno dieci aerei. Quando c’eri tu era uno solo all’anno, ma avvolto in una coperta rossa.
Quando arriviamo all’aereoporto tu già mi ha perdonato per la mia rabbia infantile, è colpa mia se ho sbagliato le coincidenze e ho dovuto pagare il supplemento, io sono ancora arrabbiata e tu mi hai già perdonato.
Lisbona odora di vento, è una donna di mare dalle braccia grosse e il seno caldo, sorride con un fazzoletto rosso terra nei capelli e ha un dente nero e gli occhi che luccicano come il Tago. Camminiamo in salita tutto il tempo e io mi innamoro ancora. Gatti dappertutto.
Tu mi chiami piccolina e sento di volerti bene come al mio papà. Ma poi mi dai un bacio sulla torre di Belém e mi si sciolgono le gambe e tremo e ho caldo e ti sento nella mia pancia.
E non amerò mai più così.
Il mio cuore ci sta tutto in un bicchierino di Ginja. Ce lo porta Dona Conceiçao dopo il pranzo e io mi chiedo, Lisbona è lei? Ha la pelle olivastra e cammina a stento per la sua mole, mescola spezzatini come fossero montagne e bercia allegra ai poveri camerieri. Hanno tutti paura di lei e io rido e tu con me. La Ginja è rossa e dolce e forte e sa di ciliegia, come il mio cuore.
In cima al Barrio Alto tu mi dici, vorrei vivere con te in una casetta piccolina, e io mi immagino di seminare scatoloni per tutte le strade e poi unirli e riempirli di cuscini e poi bucarli per passare dall’uno all’altro e ogni mattina svegliarmi e uscire e vedere il mare con te.
Mi hai portato in mare una volta, io non c’ero ma tu come tutti i marinai non porti le donne a bordo se non nel pensiero. Mi hai detto che mi pensavi mentre navigavi, e da quel momento ogni mare mi parla di te.
Anche se sei un marinaio i tuoi occhi sono marroni come la terra. Mi viene in mente mentre osservo le azulejas sui muri, poi guardo te e mi sento a casa. Mi suona una musica nel cuore e non è il fado. Tu mi guardi e mi stringi forte.
A Cabo da Roca il vento soffia violento e tu mi stringi di nuovo. E lo so che siamo troppo giovani o forse sono solo io. È il punto più a ovest d’Europa, questo. Dice il poeta, qui dove la terra finisce e il mare comincia…
Io so che la terra finirà ma il mare è per sempre.

Dalla raccolta immaginaria di racconti Luoghi.


Cabo da Roca, Portogallo
dicembre 2005









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